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Humans of Centocelle: Orazio

Nel ‘56 i platani in via dei Noci sembravano più arbusti che alberi: erano stati appena piantati per fare ombra alle future macchine parcheggiate, che però all’epoca erano sì e no una decina. Nel suo bar Orazio vendeva quartini di latte e generi di prima necessità ai temerari che avevano cominciato a popolare Centocelle, mettendo salde radici, proprio come i platani.
“Mi proposero di comprare un lotto di terra, tornare in Sicilia e ripassare dopo 20 anni, ma io ho scelto il bar.” E così Orazio e la moglie Franca si sono trasferiti a Roma, preferendola a Milano.

Orazio Giuffrida dentro al suo bar
Orazio Giuffrida gestisce il suo storico bar a Centocelle dal 1956.
Salvatore mostra foto antica dal cellulare
Salvatore ci mostra una foto d’epoca del papà alle prese con la macchina dei caffè a pressione.
Foto di set cinematografici esposte dentro al bar Orazio
Dentro il bar di Orazio sono stati girati film, fiction, serie tv.
Orazio Giuffrida dentro al bar Orazio
Orazio con il suo bar ha creduto in un quartiere che era ancora più campagna che città.
Salvatore Giuffrida dentro il bar fondato dal padre Orazio a Centocelle
Salvatore gestisce anche il gruppo Facebook BAR ORAZIO (dal 1956).

Hanno creduto in un quartiere che era ancora più campagna che città e hanno fatto bene, perché il bar Orazio è diventato un’istituzione: “Qua sono passati tutti, da Baglioni a Pasolini” e se ne è accorto anche il cinema che questo posto è una macchina del tempo che ti riporta nella Roma degli anni ’70, infatti ci hanno girato film, fiction, serie tv.

Gli avventori si appoggiano al bancone e nel tempo di un caffè si sentono già a casa, accolti in una famiglia pronta ad ascoltare e condividere esperienze.

Salvatore ci mostra una foto d’epoca del papà alle prese con la macchina dei caffè a pressione: sembra un fotogramma della Dolce Vita, era destino che diventasse famoso.
La nuova rubrica Humans of Centocelle non poteva che aprire con chi ha scommesso tutto nelle potenzialità del nostro quartiere e da più di 60 anni lo colora di storie e di passione, un uomo e un bar con un solo nome: Orazio!

Foto di Michela Zedda

Due chiacchiere con Uzzal

Apriamo la rubrica centocellina “In-Migrazione” con un’istituzione del nostro amato quartiere.

All’angolo con via dei Ciclamini e Delpino la bottega di Uzzal è una sicurezza, aperta a qualsiasi ora e fornita di tutti i beni di prima necessità, seconda e terza.
Dopo anni di assidua frequentazione, Uzzal è diventato un amico. Lo incontriamo spesso al Forte Prenestino, ora è diventato anche cuoco della Taverna proponendo squisite specialità indiane (…e chi se le scorda le patate speziate!).

Chi meglio di lui avrebbe potuto tagliare questo nastro inaugurale?! Ora più che mai crediamo che sia fondamentale e necessario dare la parola ai migranti, ascoltare le loro storie e trovare le connessioni con la nostra di storia.
I fatti di Macerata e tutte le terribili azioni di una destra fascista sempre più dilagante ci fanno paura e per questo non possiamo e vogliamo tacere anzi, il nostro obiettivo è eliminare ogni filtro e fornire uno strumento libero di parola.

 

 

Sensuability a Centocelle

Il 18 febbraio alle 19:00 non potete mancare all’appuntamento con Sensuability alla Libreria Todomodo di via Bellegra, 46 a Centocelle.

Il cortometraggio “Sensuability” continua  il suo tour con l’obiettivo di sfatare stereotipi e pregiudizi legati al sesso e ai disabili. “Che cosa ci devi fare tu con questo letto?”… ad Armanda Salvucci questa frase l’hanno ripetuta spesso.

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Il 2017 con Centocelle Urban Magazine

L’anno sta per finire e la tradizione vuole che si faccia il bilancio di come è andato; per noi di Centocelle Urban Magazine questa è anche un’occasione per ripercorrere i primi nove mesi passati assieme ai nostri lettori. Chi siamo? Dove andiamo? Cosa facciamo? C’è vita il sabato sera? E altre simili cruciali domande…

Aprile e maggio: camminare, mangiare, conoscere

Abbiamo esordito in primavera, tempo di risveglio della natura e di voglia di passeggiare: Giulia ha scritto una guida in due puntate su Tutto il verde di Centocelle (qui la seconda parte) per suggerirci dove passare il tempo sotto il sole di aprile. Poi non dirci che non ti sproniamo a fare moto! La redazione ha a cuore il tuo benessere, e ti guardiamo contente mentre fai capriole a Villa Gordiani o porti a spasso il cane al parco Somaini.

Ci piace parlare con chi ha un’attività a Centocelle, e la prima a rispondere alle nostre domande è stata Carla, dal suo laboratorio artigianale Di Vetro: ecco la sua intervista.

La nostra specialista in cucina, Chiara, ci ha proposto delle ricette semplici ma sfiziose: delle Uova al tegamino con patate ed erba cipollina come idea per il pranzo pasquale, e un Risotto con taccole, verdure e sfogliatine di formaggio per valorizzare gli ingredienti stagionali – le taccole, che sono una varietà di piselli mangiatutto.
Fame eh? Clicca, prepara e gusta!

Sempre parlando di cucina abbiamo fatto un salto al Festival delle cucine popolari autogestite, tenutosi al Forte Prenestino nel weekend del 26-27-28 maggio: mangiare è bello, ma se diventa un momento di consapevolezza politica è anche meglio.

Conosci lo SmART Lab? È un coworking di 200 m² a via delle Betulle che offre servizi di stampa 3D, taglio laser, falegnameria, fotografia e robotica. Abbiamo fatto una videointervista ai ragazzi che lo gestiscono.

Maggio si chiude con un fatto di cronaca nera, senza soluzione dal 1970: La scomparsa di Marco Dominici, bimbo di Centocelle sparito e mai più ritrovato. Manuela ed Eleonora hanno fatto ricerche sui giornali dell’epoca e raccolto informazioni sugli sviluppi della vicenda per raccontarci cosa è successo.

Da giugno ad agosto: pedalare, leggere, scoprire

Giugno è cominciato con una Guida strategica per ciclisti urbani scritta da Michela e illustrata da Stefania, che ci spiega come muoversi in bici dentro, da e verso Centocelle. Tutto, ma veramente tutto quello che avresti voluto sapere sulle due ruote abbinate al nostro quartiere è qui!

La rubrica 100Consigli in questo periodo si è arricchita di due recensioni: la prima è su Nameless di Grant Morrison, una visionaria graphic novel che mette assieme fantascienza, metafisica e psichedelia; la seconda è su Città di parole. Storia orale di una periferia romana, a cura di Alessandro Portelli, che racconta Centocelle attraverso le parole di chi l’ha vissuta. Viaggio mentale, viaggio reale, l’importante è attraversare territori (s)conosciuti.

Ritorniamo alle videointerviste: a giugno, una mattina, siamo state in giro a raccogliere le impressioni e le emozioni degli abitanti vecchi e nuovi del quartiere, e il risultato è Un giro a Centocelle. Ti sveliamo il finale? La maggioranza è contenta di viverci, nonostante le difficoltà.

Ad agosto abbiamo intervistato Black Bijou, una performer che vive e lavora a Centocelle; con il suo burlesque underground quest’anno è stata tra le vincitrici del World Burlesque Games a Londra.

Da settembre a fine anno: guardare, fare la spesa, esplorare

Il 28, 29 e 30 settembre siamo state media partner del festival Buskers in Town, artisti di strada a piazza dei Mirti e piazza delle Gardenie, come ci anticipava Chiara sul sito. Per avere un’idea di cosa è stato, spulcia il nostro profilo Instagram.

L’autunno-inverno ci ha fatto diventare cinefile, così abbiamo inaugurato una rubrica nella rubrica che si chiama 100Ciak – ovvero tutti i film interamente o in parte ambientati a Centocelle. Per il momento è uscito il primo capitolo, gli Anni Cinquanta, protagonisti Luigi Comencini e Totò. Togliti le scarpe, prepara dei popcorn, goditi lo spettacolo… E stai in campana per le prossime puntate!

La cinefilia va bene, ma il sabato mattina dobbiamo andare al mercato a fare la spesa, altrimenti non mangiamo. Noi però non ci nutriamo di solo cibo, ma anche di storie: è per questo che Francesca ha scritto un Viaggio sentimentale tra i mercati di Centocelle, dove ci parla di tutti i mercati del quartiere – quelli rionali e quelli della domenica.

Sai dov’è Via delle Abelie? E sai perché si chiama così? No? Allora fai così, clicca sul nome, leggi l’articolo e poi ci dirai. Ci sono più piante a Centocelle, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia, come diceva già Shakespeare… più o meno!

Per chiudere col botto, Domenica, pioggia e melanzane è il racconto epico di come riuscire a mettere assieme un pranzo nonostante alcuni ostacoli insormontabili: la domenica, la pioggia e la dispensa vuota.

Domenica, pioggia e melanzane

Primo giorno di pioggia dopo un tempo talmente indefinito che mi sento emozionata neanche stesse nevicando!
Ottima scusa per una domenica dai ritmi “bukowskiani”, lenta, asociale, nerd.

La solita frenesia di schizzare dal letto per fare cose è del tutto anestetizzata, così resto arrotolata ad involtino nel letto fino a mezzogiorno, quando la bella arietta fresca mi inonda la stanza con un arcobaleno di odori. Il vicinato si è scatenato nella solita gara master chef della domenica. E’ un attimo che lo stomaco prende il sopravvento sulla pigrizia laddove non hanno vinto le necessità fisiologiche, mi srotolo e me ne vado diretta in cucina in cerca di cibo.

Trovo del caffè avanzato che metto a scaldare, pessimo, decisamente, ma è sempre una giornata pigra, va bene così! Mi ricordo di avere pezzetti di dolci vari rimediati alla festa di ieri, inizio a fagocitarne un pezzetto dietro l’altro, prima la crostata, poi torta della nonna, torta di mele, rotolo alla cioccolata. Di nuovo torta della nonna. Al bis arriva il colpo di grazia, in un attimo mi sento come una che si sta alzando dalla tavola il giorno di Natale e nel tentativo di raggiungere la doccia cedo ad una siesta digestiva sul divano. Un pit stop ci sta, così ne approfitto per un giretto di ricognizione tra la home di facebook e quella di instagram, dove è tutta una gara di ironia tra commenti sul tempo e foto di situazioni esilaranti in una città presa sotto scacco da un acquazzone ottobrino.

Diluvia a vento, le gocce di pioggia che mi schizzano addosso mi distraggono dall’impegnativa lettura e con l’allarmismo di un bradipo che esce dal letargo (che poi neppure ci vanno in letargo!) trovo l’ispirazione di alzarmi per salvare casa dall’allagamento. Serve un’altra tazza di caffè, stavolta però devo preparare la moka. Altra sigaretta. Passetti veloci mi raggiungono mentre aspetto che la caffeina faccia il suo dovere, Zip, il mio compagno di vita quadrupede mi sta comunicando che è il momento. Diluvio o meno. Opto per una scelta rapida, tuta sul pigiama, trucco del giorno prima dall’effetto panda, un keeway stropicciato al gusto naftalina, e via.

No, come al solito non è mai buona la prima! Rientro al volo per un rapido punto della situazione gastronomica della casa; apro il frigo, vuoto; nella dispensa, un solitario pacco di pasta. La desolazione. Confido nell’apertura domenicale del mio bangla alimentari del cuore per salvarmi il pranzo.
Mentre passeggio penso a qualcosa di facile, veloce e low-cost che possa appagare stomaco e palato.
Boh! Sotto sto diluvio si dilavano pure le riflessioni.

Trovo aperto, entro ancora con le idee confuse girando su me stessa, nel banco frigo vedo del parmigiano, mi ricordo del solitario pacco di pasta, lo prendo. Mi volto, l’unico ortaggio dall’aria invitante è una melanzana, prendo anche lei. Che altro, ma sì, un chinotto per un po’ di bollicine e un pacchetto di olive verdi per azzittire il languorino.
Momento socialità della giornata esaudito, si torna a casa. Mi sparo una motivante playlist rock e inizio a sbucciare la melanzana. Poi ne faccio tanti piccoli pezzettini. Prendo una padella, ci butto dentro dell’olio evo e un paio di spicchi d’aglio, lascio a soffriggere un po’ giusto il tempo di dorarsi e aggiungo la melanzana. Nel contempo metto sul fuoco la pila dell’acqua per la pasta.
Dopo una decina di minuti spesi a rimpizzarmi di olive, inizio a improvvisare l’aggiunta dei primi ingredienti, una manciata di pan grattato e un pizzico di sale, lasciando il tutto a cuocere a fuoco medio basso girando di tanto in tanto.

Squilla il telefono, il pranzo diventa per due. L’acqua bolle, raddoppia la dose di pasta, il condimento è abbondante, 260 gr basteranno? Ne aggiungo un altro pugno.
Torno alle melanzane, sono quasi pronte, abbasso la fiamma, le lascio a fuoco lento fino alla cottura dei rigatoni; è il momento del peperoncino, ne metto un po’ intero e un po’ in polvere, sulla mensola delle spezie trovo della salsa di soia e del carry, ne aggiungo un cucchiaino di ciascuno. Giro e spadello a fuoco alto, nel mentre scolo la pasta più che al dente (fame fame fame!) e unisco nella padella. Ancora un minuto per far amalgamare il tutto con mezzo bicchierino di acqua di cottura e oplà, pronta per l’impiattamento!
Ultima aggiunta una bella spolverata di parmigiano e buon appetito!
E pure questo giro me la sono cavata.

 

INGREDIENTI:

  • 260 gr di pasta
  • 1 melanzana grande
  • 1 cucchiaino di salsa di soia
  • 1 cucchiaino di curry
  • 1 cucchiaio di pan grattato
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 pizzico di sale
  • olio evo q.b.
  • parmigiano q.b.
  • peperoncino q.b.

Via delle Abelie

L’odonomastica del quartiere di Centocelle è per lo più a tema botanico. Passeggiando vi sarete infatti resi conto che quasi tutte le strade e piazze portano il nome di un fiore, di un albero, o di un personaggio storico studioso di piante.
Andando per ordine alfabetico, la prima via del quartiere è “Via delle Abelie” relativa al genere Abelia che caso vuole è anche il primo in ordine alfabetico nei testi di giardinaggio.

La scelta di iniziare proprio da qui ricade anche sulla considerazione sia che il mese di ottobre è quello ideale per la messa a dimora di piantine di Abelia e sia per il fatto di essere tra le poche specie della quale anche in autunno inoltrato è possibile osservarne la fioritura.
Originario della Cina con un areale che comprende la zona himalayana, il Giappone e il Messico, questo genere arriva in Italia intorno alla metà dell’ottocento grazie al suo scopritore al quale deve il nome, Clarke Abel. Appartiene alla famiglia delle Caprifoliaceae e comprende una ventina di specie a portamento arbustivo raggiungendo un altezza in media di circa un metro fino anche a due in alcune specie. Le foglie sono molto piccole di forma ovale con margine dentellato, i fiorellini sono campanulati o a forma tubolare tipo trombetta di colore bianco rosato. Il frutto è un achenio legnoso.

Abelia Uniflora (fonte: botanicalillustrations.org)

La specie più comune nel nostro territorio è l’ibrido Abelia grandiflora, il suo successo come poi quello di tutto il genere, è dovuto al fatto di essere piante piuttosto rustiche senza esigenze particolari adatte alla maggior parte degli ambienti e terreni. Resistenti anche alle basse temperature, prediligono la luce diretta tollerando bene anche la mezz’ombra. L’irrigazione è importante che sia costante negli esemplari giovani, meno in quelli adulti che sopravvivono senza grandi sofferenze anche periodi di siccità più o meno prolungati. Anzi, essendo specie soggette marciume radicale è anche meglio non abbondare con l’acqua, evitando così pericolosi ristagni idrici. Non necessitano di cure particolari in termini di potature, la concimatura invece va eseguita saltuariamente solo nel periodo vegetativo.
Sempre per il fatto di essere piante molto rustiche non vengono attaccate di frequente da parassiti o da malattie, più comunemente invece possono essere colpite dagli afidi.

Abelia Grandiflora (Wikimedia Commons)

E’ per tali caratteristiche di estrema duttilità e resistenza che le specie di Abelia hanno una grande diffusione e sono le più utilizzate come essenze dai giardinieri, soprattutto in ambito urbano, rappresentando per loro una garanzia di riuscita. Quindi sono di certo tra le piante più consigliate anche per i pollici verdi principianti.
E’ un valore aggiunto anche il fatto di essere piante sempreverdi, in autunno infatti perdono pochissime foglie assumendo colorazioni calde di colore bruno rossastro che le rendono decorative per quasi tutto l’anno.

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CHEFacciamoacena? ristorante

Via degli Aceri 72, aperto dal lunedì al sabato (19:30 – 23:00)

Telefono: 06 9259 9211

Pagina Facebook

 

CHEFacciamoacena? nasce dall’amore per la cucina di Luca Alfieri che, come vi racconterà lui stesso tra un piatto di spaghetti al nero di seppia e un’amatriciana, prima di diventare chef studiando tra l’altro con lo stellato Alberto Ciarla, è stato pilota di Formula 3 e operatore di macchina per molti film italiani e internazionali, insomma: chi si ferma è perduto.

Il locale, dalle pareti beige e bordeaux arricchite da divertenti citazioni, è arredato per valorizzare le portate che spaziano dai crudi di pesce alla classica tradizione romana. Tutto esce da una cucina a vista, dalla quale si può osservare il processo di lavorazione.

Mentre gusterete la mojito cake di Roberta, potrete dare un’occhiata alla macchina da presa che troneggia vicina ad un bell’angolo salotto da sfruttare per bere un amaro o un caffè a fine cena: un richiamo al passato, che si fonde col presente.

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100Ciak: gli anni Cinquanta

Inauguriamo la rubrica dedicata ai film ambientati a Centocelle con due chicche di fine anni ‘50:

Il primo è “La finestra sul Luna Park” una pellicola del 1957 diretta da Luigi Comencini. La trama è semplice: un operaio dopo aver lavorato per alcuni anni in Kenia torna a Roma e trova la moglie morta e il figlio Mario che non lo riconosce più. Non è facile ristabilire un rapporto con il bambino, tanto che l’uomo vorrebbe affidarlo ad un orfanotrofio per poter ripartire. A complicare la situazione durante l’assenza del papà, un corteggiatore della madre, il rigattiere Richetto, si era sostituito alla figura paterna. Alla fine però anche grazie all’intervento di Richetto i due riescono a recuperare, o meglio a costruire un’intesa.
Rondolino lo definisce «Un film intimista, il rapporto d’amicizia tra un uomo e un bambino colto nelle sue pieghe psicologiche e umane, tratteggiato con fine sensibilità e tocchi delicati.”

Di Certo è un film minore nella storia del dopoguerra, che costituisce però una tappa importante nella carriera del suo autore in direzione di una più attenta e precisa indagine della realtà, come si vedrà in certe scene di “Tutti a casa” e “La ragazza di Bube”.
Luigi Comencini ha diretto nella sua carriera i maggiori attori italiani, come Alberto Sordi, Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida in Pane Amore e Fantasia, film con il quale ha lanciato la commedia all’italiana di cui è stato uno dei massimi esponenti insieme a Mario Monicelli e Dino Risi.
Nelle scene ambientate a Centocelle si vede una quasi commovente piazza dei Gerani con le luci e le giostre della festa, e parte di via dei Castani. Per chi vive qui è impossibile non riconoscere i palazzi che circondano la piazza ma il tempo trascorso e il relativo cambiamento degli spazi è evidente.

il secondo film è “La banda degli onesti” girato nel 1956 e diretto da Camillo Mastrocinque, con protagonisti Totò, Peppino De Filippo e Giacomo Furia.
Scritta e sceneggiata da Age & Scarpelli la pellicola consacrò il sodalizio artistico di Totò e Peppino ed è considerato uno dei film migliori della coppia.
La trama: venuto casualmente in possesso di una matrice di stampa per denaro, il portiere Antonio Bonocore (Totò), si mette a fabbricare banconote false con due complici. Suo figlio, finanziere, è sulle tracce di una banda di falsari e l’uomo, per non comprometterlo, decide di costituirsi. Scopre però che l’unico biglietto speso è quello autentico, servito come modello per gli altri. Salvatosi dalla galera decide di bruciare la matrice e le banconote prodotte, per sbaglio tra le fiamme finirà anche una borsa di soldi veri: il suo stipendio.
La critica non ne fu propriamente entusiasta, ma il grande successo tra il pubblico lo consacrò tra i grandi classici della filmografia di Totò.
Così ne parlò Il Messaggero: “Nel panorama non troppo consolante dei nostri film comici, questa pellicola merita una menzione onorevole. Spigliata, briosa, dotata di un dialogo vivace e di qualche genuina trovata, la storia corre diritta all’onesto scopo di suscitare risate” (13/4/1956).

La scena che ci interessa è ambientata in uno dei parchi più famosi di Centocelle: Villa Gordiani, facilmente riconoscibile dai resti del famoso ninfeo sullo sfondo, protagonisti sono due giovani, il figlio di Totò e la sua fidanzata che passeggiano nel parco. In questo caso il cambiamento è meno evidente, ma vedere sul grande schermo uno dei luoghi simbolo di Centocelle è sempre emozionante!

Letture da non perdere: “Città di parole. Storia orale da una periferia romana”

Città di parole. Storia orale da una periferia romana, a cura di Alessandro Portelli, Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro, Donzelli, Roma 2007.

I nostri consigli per lettori e lettrici non possono che iniziare con Città di parole. Storia orale da una periferia romana, (Donzelli, 2007), curato da Alessandro Portelli, Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro.
Il libro costituisce un racconto di Centocelle attraverso le parole di chi, in vari modi, l’ha vissuta ed è il risultato di una ricerca sul campo coordinata da Alessandro Portelli per il Circolo Gianni Bosio di Roma. Portelli – considerato il fondatore della storia orale e già da molti anni impegnato a raccogliere testimonianze sulle periferie romane – e i suoi collaboratori hanno raccolto oltre 120 interviste dal 2003 al 2005, facendo delle fonti orali il materiale principale sul quale ricostruire la storia del quartiere dagli anni Venti ai giorni nostri. E così nel libro si intrecciano le storie e i racconti di chi è nato e vissuto a Centocelle, di chi l’ha scelto come quartiere adottivo, di chi vi ha trascorso solo un periodo della propria vita. Nelle strade del quartiere e nelle parole di chi narra si intrecciano anche gli avvenimenti storici: il libro, infatti, inizia con i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, quando gli abitanti si rifugiavano nei tanti sotterranei del quartiere, ma racconta anche della Resistenza, che a Centocelle ha avuto una base molto attiva, delle migrazioni, delle lotte del ’68, fino ad arrivare alle trasformazioni che ha vissuto negli ultimi trent’anni.
Città di parole regala un viaggio nel quartiere attraverso i decenni e attraverso le molte identità che l’hanno caratterizzato, attraverso le parole, vere e vive, di chi l’ha vissuto.

Viaggio sentimentale tra i mercati di Centocelle

Amo i mercati. Li amo perché hanno una carica narrativa che non ha uguali. Perché raccontano senza essere interrogati. Basta aggirarsi tra i banchi dimenticando la lista della spesa ­­– che comunque lascio puntualmente a casa –, e tra una mela e una pesca, tra un “A quanto stanno i limoni?” e un “Senti quanto so’ dolci ’ste albicocche!”, tra una pila di cassette vuote e un cane che cerca di arraffare qualcosa caduto sotto i banchi, ogni volta porti via almeno un chilo e mezzo di storie fresche fresche.

Negli ultimi 12 anni, cioè da quando vivo a Centocelle, tra i mercati rionali del quartiere ho riempito sporte e sporte di queste storie qui, fatte di colori, voci, volti che hanno sempre qualcosa di buono da dirti. Ecco perché ti invito a intraprendere questo viaggio tra i mercati di Centocelle.

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