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“Angela Merlin”: un nuovo Centro Antiviolenza nel V Municipio

porta del centro antiviolenza Angela Merlin

Il 13 marzo 2023, nel V Municipio di Roma è stato inaugurato il Centro Antiviolenza “Angela Merlin”, con sede all’interno di un bene confiscato alla criminalità organizzata, in via Roberto Lepetit 176.

La violenza di genere va combattuta e prevenuta con ogni mezzo possibile. Buona parte di questa missione è svolta dai centri antiviolenza (CAV). Abbiamo chiesto alle operatrici del centro “Angela Merlin” di raccontarci meglio in cosa consiste il loro impegno.

Perché nascono centri come questo?

Centri come questo, oltre a garantire nella propria mission privacy, riservatezza e gratuità alle persone che necessitano di rivolgervisi, nascono su richiesta della cittadinanza e dei movimenti sociali affinché diventino luoghi di prossimità e punti di riferimento dislocati su tutto il territorio romano, non solo per svolgere servizio di tutela e protezione, ma anche per lavorare su sensibilizzazione e prevenzione di un fenomeno, quello della violenza di genere, ormai definito come strutturale e sistemico.

Attualmente esistono 14 CAV Comunali, cui si aggiungono gli sportelli autogestiti e i Centri di competenza regionale, come quelli nati recentemente dentro le maggiori Università: tutti collegati al numero telefonico nazionale antiviolenza, il #1522, che orienta al servizio antiviolenza più vicino.

Quali sono i servizi offerti dal CAV “Angela Merlin”?

All’interno del Centro di via Lepetit, le operatrici dell’associazione Casa delle Donne Lucha y Siesta offrono una serie di servizi basati su ascolto attivo e non giudicante rivolti a tutte le donne, alle persone trans e non binarie, che subiscono violenza di genere. Chi si rivolge al Centro avrà modo di svolgere dei colloqui psico sociali volti a:

  • avviare il riconoscimento e l’elaborazione del vissuto;
  • effettuare una valutazione del rischio e costruire insieme un percorso di fuoriuscita dalla violenza, avvalendosi di assistenza legale e psicologica, supporto alla genitorialità, orientamento al lavoro e alla formazione.

All’interno del Centro sarà inoltre possibile ricevere informazioni su tutti i servizi territoriali (in particolare quelli per l’autonomia abitativa) e, all’occorrenza, usufruire della mediazione linguistico-culturale e dello sportello per le molestie subite nel contesto lavorativo.

Il Centro offrirà anche uno sportello dedicato per affrontare le problematiche e i rischi legati a un aspetto sempre più attuale, come quello della violenza digitale, che colpisce in particolare le fasce più giovani, ma non solo. Altro importante strumento sarà poi l’attivazione di Gruppi di Auto Mutuo Aiuto (AMA) dove incontrarsi tra persone che vivono simili difficoltà per trarre supporto l’unə dall’altrə. Inoltre, grazie alla rete antiviolenza, costituita dai Centri e dalle Case Rifugio, sarà possibile, in caso di pericolo, inviare chi ha necessità in strutture di accoglienza d’emergenza, dislocate nel territorio regionale e nazionale.

Collaborate con altre realtà?

La costruzione di percorsi di fuoriuscita dalla violenza non è sufficiente ad affrontare il problema alla radice: per questo i Centri lavorano in sinergia con le realtà del territorio, Istituzionali, del Terzo settore e non solo, per individuare le carenze e le ricchezze del contesto urbano e rendere effettivamente i quartieri più solidali e più sicuri.

Questo obiettivo è necessario, per non dire fondamentale, soprattutto per rompere condizioni di marginalità e isolamento, che rendono ancora più difficile chiedere aiuto e intraprendere un progetto di autonomia e autodeterminazione.

L’orizzonte sotteso dei luoghi dell’antiviolenza è quindi quello di operare oggi al fine di non essere più necessari domani.

Questo posizionamento è il frutto maturato in tanti anni di attivismo all’interno della Casa delle Donne Lucha y Siesta, uno spazio politico, culturale, nonché un rifugio, che in più di dieci anni di storia ha assorbito le pratiche del vivere comune tra donne e ha prodotto una metodologia transfemminista basata sul riconoscimento reciproco, sull’autodeterminazione e sull’ascolto del desiderio.

Come si mette in pratica tutto questo?

Occorre innanzitutto imparare a riconoscere la violenza a 360 gradi, ovvero quella del contesto sociale in cui cresciamo e viviamo. La affrontiamo all’interno del sistema educativo, formativo, lavorativo, relazionale, spesso familiare. Ci accompagna sin dalla più tenera età e poi per tutta la vita. Riconoscerlo e decostruire i meccanismi culturali insiti nella società patriarcale è la grande partita che un’associazione impegnata nell’antiviolenza gioca quotidianamente. La sfida quindi sta anche nel tentare di diffondere ovunque questa metodologia, persino nei luoghi antiviolenza istituzionali.

Le operatrici che lavorano in questi luoghi forniscono tutto il loro supporto con grande competenza e passione per quello che non è un mero servizio, ma uno spazio dedicato e accogliente, la famosa “stanza tutta per sé” come scriveva Virginia Woolf, in cui trovare ascolto e sostegno, informazioni utili e supporto concreto a livello individuale, per poter essere, fuori da questi luoghi, libere assieme, collettivamente.

Vi lasciamo qui la video-intervista che abbiamo fatto alle operatrici del CAV “Angela Merlin” poco dopo l’apertura.

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